Siamo nel 1888 a Como. Antonio Sant’Elia nasce terzo di tre figli dall’unione di Luigi Sant’Elia, comasco, e Cristina Panzilla, capuana. I genitori, di umile estrazione, non si sarebbero mai immaginati l’importanza che loro figlio avrebbe guadagnato in futuro, o meglio: che avrebbe potuto guadagnare ancora più di quella che già conosciamo, vista la sua prematura dipartita.

Sant’Elia cominciò la propria formazione nelle scuole tecniche di Cantù, ma fu la frequentazione della Scuola d’arte e mestieri “G.Castellini” che gli permise di allenare ed indirizzare la sua sensibilità, esplosa poi con la realizzazione di progetti talmente lungimiranti da essere definiti utopistici.

Nota per avere particolare cura nella preparazione culturale dei propri allievi nel suo senso più completo e profondo, la scuola d’arte e Mestieri “G. Castellini” si propone da 133 anni a questa parte di mantenere degli standard educativi qualitativamente elevati, soprattutto riportando l’esempio del suo studente più illustre di cui parlavamo, ma non solo. Artisti come Alberto Bogani, Mario Bogani, Torildo Conconi, Alvaro Molteni, Giuseppe Pierpaoli, Alfonso Salardi, Pietro Tavani, Carlo Antonucci, Pierangelo Bocci, Giovanni Brambilla, Marco Brenna, Adriano Caverzasio, Giuliano Collina, Alcide Gallani, Vittoria Giobbio, Bruno Luzzani, Giampiero Perini, Bruno Saba sono riusciti a ritagliarsi una loro fetta di successo in seguito e durante gli studi.

Il libro “Antonio Sant’Elia, un ragazzo della Castellini” a cura di Lorenzo Morandotti e di Clemente Tajana si propone di presentare accuratamente la biografia del famoso architetto futurista, da quando ha aperto per la prima volta gli occhi in via San Donnino a Como a quando si sono riversi, spegnendosi, ai piedi delle Alpi Giulie durante uno scontro coi soldati austriaci.

Eclettico e stravagante, Sant’Elia è un egregio esempio di artista nel senso in cui è più bello intenderlo; una persona entusiasta, piena di slancio innovatore, di plurimi interessi, impegnato politicamente e sportivamente.

Delle sue architetture più note restano reinterpretazioni come il Monumento ai caduti (ritoccato da Prampolini e realizzato da Terragni) e i suoi progetti più misteriosi, come quello della Città nuova, mai realizzati e per questo ancora più affascinanti.

Originally posted 2016-12-26 14:26:13.

(Visited 303 times, 1 visits today)